Il presente porta visibilmente con sé, nei nostri corpi, tutta la nostra storia, pretende un'attenzione che ci lega oltre il privato, oltre l'individualità, oltre l'identità, senza le quali tuttavia la vita non avrebbe senso per il futuro, non ne avrebbe avuto mai nel passato.
Adriana Perrotta, Paolo Rabissi

venerdì 28 febbraio 2014

Assemblea per la lista Tsipras

Assemblea per la lista Tsipras



Erano anni che non partecipavo ad assemblee politiche miste, tranne un paio alla CGIL qualche tempo fa, lì ma si trattava di temi specifici, non erano momenti volti alla costruzione di qualcosa in comune, donne e uomini.
Sere fa ho partecipato all'assemblea per la lista Tsipras, tenutasi qui a Milano, sono rimasta sorpresa dall'alto numero di partecipanti, quasi tutti miei e mie coetane*, o poco meno, ma c'erano anche giovani donne e giovani uomini, seppure in misura minore rispetto ai sessanta/settantenni, più qualche studente.
Alcuni interventi interessanti, molti appelli ad un'unità, che a me sono parsi un po' banali e scontati, ma si sa che in un contesto così ampio non ci si può aspettare nulla di particolarmente approfondito.
Temi accennati: lavoro, diritti, democrazia, libertà, giustizia sociale, cambiamento delle forme di produzione, lotta al neoliberalismo, all'austerity, ai populismi, ......
Nessun accenno al sistema di riproduzione che sostiene tutta la produzione di merci e beni, alla necessità di modificare la relazione uomo-donna in tutte le sue sfaccettature economiche, culturali, sociali, affettive, non so come altrimenti nominare la questione, senza ricorrere alle solite etichette (patriarcato....).
Io so per certo che alcune/i dei/delle presenti hanno ben chiari i termini del problema, so anche che la mancanza di menzione del tema nel Manifesto-programma della lista Tsipras non è dovuta a trascuratezza, ma a una scelta precisa, anche perché non appena si accenna si nota un clima di insofferenza, sia tra la maggioranza degli uomini che delle donne.
La prima reazione provata è stata quella di non scoraggiarmi e di pensare che occorre impegnarsi a porre le questioni nei vari luoghi e momenti opportuni, tuttavia riconosco che sembra sempre di andare a piatire attenzione, con il risultato che magari ti fanno parlare, ascoltandoti con sufficienza, e appena hai finito si torna alle cose importanti, e si riprendono i discorsi dopo "l'intermezzo femminista".
Ma come si fa a parlare di lavoro, di cambiamento del modo di produzione senza accennare alla questione della riproduzione nel suo complesso di lavoro e lavoro d'amore, delle persone- donne e non solo- migranti,....che svolgono questo "lavoro", pagato, non pagato, sotttopagato, attività e lavoro che che se si potessero valutare in PIL supererebbe del doppio il lavoro di produzione., con tutte le conseguenze politico-sociali che abbiamo davanti agli occhi.

E' vero che si può dire che i temi sono compresi nelle etichette i diritti, welfare, ma non è così, perché finora si sono sperimentati welfare e diritti, più o meno allargati, che non hanno minimamente scalfito la tradizionale codificazione dei ruoli imposta dal patriarcato.

Eppure questi temi non sono più trattati nelle catacombe dei movimenti, da poche femministe, ne trattano da anni economist*, politilog*, sociolog*.
A Milano poi sono numerosi i luoghi nei quali se ne parla, si avanzano proposte, luoghi sia istituzionali che di movimento.

Qual é quindi lo scoglio contro il quale si infrangono le speranze di reale cambiamento dello stato di cose presenti?
Francamente non so bene cosa pensare












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