Pochi concetti risultano altrettanto difficili da definire a parole e anche da analizzare come quelli espressi da lavoro d'amore e lavoro di cura.
Addirittura si sta pensando di sostituire la parola cura con altre, come attenzione o piuttosto con la più esaustiva relazione.
Negli anni Settanta alcune studiose hanno adottato l'espressione riproduzione biologica e sociale per indicare il complesso di funzioni e compiti, di natura materiale, affettiva, sessuale e psicologica, assegnati alle donne dall'ordine patriarcale.
Anche se poteva apparire riduttiva, perché non chiamava in causa le implicazioni affettivo-amorose, l'espressione però riassumeva tutta una costellazione di attività richieste alle donne: dalla maternità all'allevamento e alla cura di figli e figlie, dall'accudimento degli anziani, delle anziane e delle inabilità temporanee alla doppia presenza (cioè la collocazione nell'ambito del lavoro domestico e di quello fuori casa), il tutto presentato come frutto e segno dell'amore nutrito per i propri familiari, in quanto tale motivo di soddisfazione per le donne, incuranti dei ritmi faticosi e stressanti che queste funzioni richiedono, anzi, sulla capacità di esercitarle senza farlo pesare si misurava il valore di una donna, in termini sia di stima che di autostima.
Anche se poteva apparire riduttiva, perché non chiamava in causa le implicazioni affettivo-amorose, l'espressione però riassumeva tutta una costellazione di attività richieste alle donne: dalla maternità all'allevamento e alla cura di figli e figlie, dall'accudimento degli anziani, delle anziane e delle inabilità temporanee alla doppia presenza (cioè la collocazione nell'ambito del lavoro domestico e di quello fuori casa), il tutto presentato come frutto e segno dell'amore nutrito per i propri familiari, in quanto tale motivo di soddisfazione per le donne, incuranti dei ritmi faticosi e stressanti che queste funzioni richiedono, anzi, sulla capacità di esercitarle senza farlo pesare si misurava il valore di una donna, in termini sia di stima che di autostima.
La descrizione che fai della giornata tipo di tua nonna sembra corrispondere a queste figure di donne.
Certo il tuo ricordo è quello di un bambino, che ha colto, e ricorda, l'aspetto amoroso del rapporto.
Anche la mia nonna si alzava presto la mattina, si dedicava alla spesa e alla cucina, e che, quando i miei genitori ci affidavano a lei, anche per i mesi estivi, ci intratteneva cantandoci arie da opere e romanze, oltre che con favole, mi sono restate impresse nella memoria La bella e la bestia e L'amore delle tre melarance.
Il mio ricordo di lei di bambina è di una persona pienamente realizzata, anche se ho conosciuto poi dai racconti di mia madre tutte le difficoltà e le disillusioni incontrate nella sua vita di relazione con un marito sbagliato e per il quale lei era una moglie sbagliata, perché il matrimonio era stato in qualche modo imposto dalle rispettive famiglie a due persone di vent'anni, inesperte, diversissime per orientamento culturale, politico, e non so che altro.
Se confronto il mio essere nonna oggi con quello di mia nonna scorgo un abisso, l'arco di tempo è breve, solo una cinquantina d'anni, eppure il mutamento è profondo.
C'è stata di mezzo senz'altro la modernizzazione dei costumi, la rivoluzione tecnologica che ha riguardato sia la produzione che la riproduzione, la maggiore autonomia femminile in ragione della cresciuta possibilità di lavorare fuori casa, la progressiva frantumazione degli universi simbolici di riferimento, sia per gli uomini che per le donne, tutto questo ha comportato secondo me anche una frattura tra l'immagine di nonnità custodita dentro di noi, declinata in termini di amore, calore, dedizione, in una parola oblatività, e la realtà che viviamo, che non esclude quei sentimenti, tutt'altro, ma antepone la realizzazione di se stesse, pur con tutte le mediazioni necessarie in una relazione, al "sacrificio" femminile, esaltato dall'ordine patriarcale..
Io credo che anche allora ci fosse la realizzazione soggettiva come obiettivo, più o meno raggiunto, ma diverso era l'ambito delle possibilità immaginabili per la maggior parte delle donne; senz'altro io e le mie coetanee ci siamo trovate in mezzo a una trasformazione radicale, per la quale ci siamo battute e continuiamo a farlo, ma ne paghiamo il prezzo, almeno alcune di noi, oscillando tra determinazioni e sensi di colpa derivanti dalle immagini di nonnità interiorizzate nella nostra esperienza di vita.
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