Il presente porta visibilmente con sé, nei nostri corpi, tutta la nostra storia, pretende un'attenzione che ci lega oltre il privato, oltre l'individualità, oltre l'identità, senza le quali tuttavia la vita non avrebbe senso per il futuro, non ne avrebbe avuto mai nel passato.
Adriana Perrotta, Paolo Rabissi

martedì 7 maggio 2013




Ma che tipo di rapporto si stabilisce tra un poeta e una femminista?
Mi sembra che la femminista abbia bisogno di affrontare direttamente la realtà, il poeta è spesso obliquo, tangente, allusivo, dice e non dice, avvicina cose lontane o allontana cose vicine. Piuttosto contradditorio perché sulle verità del mondo ha poco da dire e tuttavia non se ne sente lontano, pensa piuttosto che il suo verso sia un modo per avvicinarsi ad esse senza mai raggiungerle. In questo insegue una logica illogica, non aristotelica. E’ la logica dei sogni nei quali si accampano io e non-io contemporaneamente, in cui sei attore e spettatore contemporaneamente. E tuttavia è sbagliato pensare che il poeta se ne stia accoccolato nei suoi sogni. Il suo rapporto con la realtà è ovviamente soggettivo ma vale quello di chiunque altro. In questa realtà valgono le leggi simmetriche e non quelle oniriche, la logica aristotelica, la logica governata dal principio di non contraddizione. Qui allora maschio e femmina si relazionano ma qui la femminista opera il suo scarto che la mette in una condizione molto simile a quella del poeta. Nel senso che anche lei mette in gioco una dimensione di sogni e utopie che riguardano la coscienza, l’intelligenza delle cose, il corpo, i sensi, i sentimenti. Che poi non lo faccia in versi ma anche con altre forme di espressione che la nostra civiltà tecnologica mette a disposizione questo è indice di fantasia. Del resto, è noto, lo fa anche in versi.