Il presente porta visibilmente con sé, nei nostri corpi, tutta la nostra storia, pretende un'attenzione che ci lega oltre il privato, oltre l'individualità, oltre l'identità, senza le quali tuttavia la vita non avrebbe senso per il futuro, non ne avrebbe avuto mai nel passato.
Adriana Perrotta, Paolo Rabissi

domenica 2 febbraio 2014

Attacco alle donne in Spagna, e non solo



In Spagna c'è un movimento crescente contro la limitazione dell'interruzione di gravidanza proposta dal governo, in Italia iniziative sparse -convegni, proposte che riguardano l'estensione dell'obiezione di coscienza, l'istituzione di cimiteri per feti...- tendono a rendere sempre più difficile il ricorso all'aborto.
Contemporaneamente escono ricerche internazionali che documentano il fatto che l'aborto clandestino è ancora una delle prime ragioni di mortalità delle donne nel mondo.
C'è crisi generalizzata, guerre, fame e violenze diventano sempre più diffuse e minacciano sia i paesi impoveriti che i paesi arricchiti, ma il controllo delle donne, del loro corpo e della loro potenzialità riproduttiva sono in primo piano nelle politiche di gran parte degli Stati.
Anche un'autorità religiosa universalmente apprezzata per il suo "equilibrio" nelle questioni sociali, per la sua "attenzione e sensibilità" nei confronti di chi "soffre" per qualche situazione, non esita a annoverare i feti tra gli orrori dei bambini soldati, dei bambini morti per fame, abusati, vittime di violenze....

Che cosa si cela sotto questi attacchi sistematici, se non il contrasto all'autodeterminazione delle donne, vale a dire la possibilità che una donna scelga in piena libertà, e in accordo con chi è in buona relazione, se portare avanti o interrompere una gravidanza non voluta.

I concetti di autodeterminazione, riappropriazione del corpo, si diceva nei documenti degli anni Settanta, minano alla base l'ordine patriarcale che assegna agli uomini e alle donne due funzioni distinte ma complementari tra loro per la vita di una collettività, la riproduzione biologica e sociale alle donne e la produzione agli uomini.
Ma per mantenere il completo controllo della riproduzione in mani maschili occorre regolamentare minutamente con leggi -umane e divine- norme scritte e non scritte, pratiche collettive di premi e punizioni, fantasie di onnipotenza e/o annichilimento la vita delle donne, pena la messa in crisi del patriarcato.

Secondo me non bisogna mai isolare il tema aborto dall’altro lato della sua medaglia, quello di maternità consapevole, perché altrimenti ci si avvita in una strumentale contrapposizione tra “chi è per la vita” e chi è supposta “contro la vita”.
Al momento della lotta per la legge 194 e del successivo referendum confermativo, ci furono partiti che parlarono di diritto all’aborto, espressione mai impiegata nell'ambito del femminismo, né da me, né da altre. Infatti le diverse anime del movimento, pur nella varietà delle posizioni espresse in merito, che andavano dalla richiesta della depenalizzazione del reato, alla battaglia per ottenere una legge, hanno sempre parlato di autodeterminazione delle donne e di maternità cosciente, avendo ben presente da un lato il dramma psico-fisico che, mentre alcune donne rinunciano a una maternità, per qualunque ragione questo avvenga, altre sperimentano contemporaneamente la difficoltà di programmare una maternità nelle condizioni materiali date, con conseguente frustrazione perché vorrebbero figli/e e non se lo possono permettere.
Il discorso e l'analisi si allargavano quindi ai temi delle morti bianche dovute alla nocività del lavoro e ai ritmi di vita insostenibili.
Negli anni Settanta l’aborto era visto come ultima spiaggia, da evitare in tutti i modi con strumenti preventivi.
Ricordo che a quel tempo era ufficialmente proibita la vendita di anticoncezionali, io stessa ho iniziato a prendere la pillola con ricetta medica (serviva a una mia supposta piccola patologia!!!!!!).

Potenza della lingua, se guardiamo da questo punto di vista, rimettiamo la questione in piedi, dentro la lotta per l’autodeterminazione ci stavano: la denuncia degli aborti bianchi nelle fabbriche (per i ritmi di lavoro), la richiesta di anticoncezionali liberi e gratuiti, la richiesta di attivare le ricerca per anticoncezionali più sicuri e meno dannosi, il rifiuto della medicalizzazione delle fasi fisiologiche delle donne, gravidanza inclusa, la medicalizzazione che espropriava le donne della conoscenza -e quindi del controllo- del proprio corpo e delle sue funzioni, conoscenza fino ad allora delegata ai medici, la lotta per asili nido e servizi socio-sanitari efficienti, la richiesta di consultori, che nacquero con legge del 1976, gratuiti (in Lombardia sono a pagamento da 30 anni !), dove poter incontrarsi tra donne e con esperte/i, sempre per prevenire nascite indesiderate senza dover ricorrere all'interruzione, la legge era intesa come rete di copertura per i casi più sfortunati: violenza soprattutto, ignoranza…., si chiedeva inoltre la fine della discriminazione delle donne sul lavoro a causa delle gravidanze (lettere di dimissioni in bianco...).
Aver voluto oscurare tutto questo ha portato alla situazione attuale di contrapposizione -senza via d’uscita- tra soggetti deboli entrambi: donna in gravidanza accidentale (nel senso di non voluta) e feto (progetto di bambino, non ancora bambino).
La realtà di oggi è che gli aborti clandestini aumentano per migranti e minorenni, perché se uguale è la violenza di cui sono oggetto le donne davanti alla prospettiva di una maternità non scelta, diversi sono i livelli di sofferenza da affrontare, più alti se si è povere, minorenni, migranti, meno attrezzate affettivamente e culturalmente.
Per questo la 194, anche se è apparsa a molte una mediazione tra la depenalizzazione del reato e le istanze ideologiche di condanna assoluta è stata accettata come copertura per le donne più fragili e esposte di fronte a questa evenienza.

La condanna assoluta dell'aborto è una scelta legittima dal punto di vista della sensibilità soggettiva, ma l'imposizione del divieto di interrompere una gravidanza, più o meno mascherato, è una scelta ideologica, come nessuna deve essere costretta a abortire se non vuole, analogamente nessuna deve essere costretta a portare avanti una maternità non voluta, un feto non accolto.

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