Il presente porta visibilmente con sé, nei nostri corpi, tutta la nostra storia, pretende un'attenzione che ci lega oltre il privato, oltre l'individualità, oltre l'identità, senza le quali tuttavia la vita non avrebbe senso per il futuro, non ne avrebbe avuto mai nel passato.
Adriana Perrotta, Paolo Rabissi

lunedì 8 aprile 2013

Ho fatto un salto sulla sedia. L'identità del poeta è incontrovertibile? Proprio nel senso suggerito dal Dizionario come ciò o colui al quale è attribuito un valore di verità tale da non ammettere dubbi, esitazioni, dibattiti, repliche? Ma dai.
Una volta, in una delle mie visite a G. N., gli confidai che ogni tanto mi sentivo quasi di usurpare il titolo di poeta. Come 'ogni tanto', mi rispose, io dubito di essere un poeta almeno cinquanta volte al giorno. E lo diceva lui che potrebbe legittimamente sopportare il peso di quell'incontrovertibile. Da allora ho smesso di pensarci. Però so bene che certe cose che ho scritto non possono che andare sotto la denominazione di poesia. Non saprei dove altrimenti collocarle. Ma credo che questo succeda anche a te: all'etichetta, nata per orientare, è difficile sfuggire, un po' per comodità e un po' per supporto all'identità.
Ma non sei poeta per sempre. Né ci nasci. A un certo punto della mia vita mi sono reso conto  che c'era un tipo di linguaggio che mi piaceva usare che non era quello di tutti i giorni, nemmeno a scuola. Un giorno ho scritto 'una spallata di rose'. Avevo sedici anni. Mi sono chiesto spesso da dove mi era venuta l'idea di unire una spallata con le rose. Ma mi piaceva moltissimo, infatti me la ricordo ancora.  Ma questo linguaggio può cessare di interessarti. L'amico G.N. ha annunciato che non scriverà più versi, è più interessato alla prosa. Anche T.R. ultimamente dice di scrivere solo in prosa (ma, e questo è un discorso a parte, l'amico Coviello, che di poesia se ne intende, lo invita nella sua Officina milanese e presenta giustamente come poesia le sue prose!).
Non è la stessa cosa per la femminista?
Insomma se ci possono essere buoni o cattivi poeti credo che possano esserci anche buone o cattive femministe.
Certo non credo invece a poeti e femministe perfetti. Ma hai ragione a dire che tra gli uni e le altre ci sono quell* che parlano come se lo fossero. Conosco esemplari di entrambe le categorie. Tra gli uni che ti fanno capire, dalle loro posture, vestimenti, ecc. che sono direttamente in contatto con l'iperuranio poetico al quale attingono per privilegio. Tra le altre che ti fanno capire che la comprensione dei problemi è sempre un passino più in là rispetto a dove li collochi tu. Comunque, perfetti o meno, per quanto dicono, per come lo dicono, non potrei che collocarli tra poeti e femministe.


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