Il presente porta visibilmente con sé, nei nostri corpi, tutta la nostra storia, pretende un'attenzione che ci lega oltre il privato, oltre l'individualità, oltre l'identità, senza le quali tuttavia la vita non avrebbe senso per il futuro, non ne avrebbe avuto mai nel passato.
Adriana Perrotta, Paolo Rabissi

mercoledì 27 marzo 2013


Non so bene, ma mi pare che negli ultimi tempi si siano moltiplicati comportamenti dettati da istanze identitarie, collettive e individuali. 
Ho sperimentato aggressività inattese, a difesa di chi si è sentita minacciata da semplici osservazioni, assisto quotidianamente a chiusure in un noi che esclude chiunque  non sia del gruppo, più o meno ristretto.
Mi sembrano tutti effetti del mito identitario, tanto più invocato quanto più aumenta l'insicurezza e il senso di impotenza.
Le persone soggiogate da questo mito possono essere definite i nudi e puri, che  perseguono l'obiettivo della coerenza con le proprie idee fino in fondo e a qualsiasi prezzo, fino al sacrificio di se stessi, e di altri.
Andranno sempre fieri di questo, che diventerà titolo di merito agli occhi propri e altrui. 
Vittime delle tacite crudeltà di un'identità coerente, per parafrasare la Butler.
Peccato che al mondo tutto nasce da miscugli (la vita stessa), incroci, incoerenze, in una parola impurità. 
Questo brulicame, questo brodo di coltura, sia in senso metaforico che letterale, si evolve, nel bene e nel male, dio ci guardi dalla purezza, che pietrifica e immobilizza, per paura di sporcarsi.
In fondo, per assurdo, l'azione che meglio corrisponderebbe al loro desiderio sarebbe la clonazione, che assicurerebbe  loro il massimo della purezza: da una mia cellula sviluppo un altro individuo identico a me, che sente come me, pensa come me....non mi tradirà... 
Peccato che gli individui clonati finora, nel mondo animale, non sopravvivono a lungo, sono deboli strutturalmente senza apporti esterni, c'è bisogno di meticciato, individualmente e socialmente.
Effetto dell'aspirazione alla purezza di pensieri e azioni è sovente il sentimento di superiorità morale nei confronti degli altri, che non si uniformano a questo dettato, la presa di distanza e una forma esibita o celata di disprezzo verso chi è considerato troppo debole, privo di rigore morale, spaventato dai sacrifici che una dimensione del genre necessariamente impone in una dimensione collettiva costituita da interessi contrapposti, conflittualità, egoismi  e generosità da contenere, visioni differenti e distanti tra loro del mondo e delel relazioni con persone, animali e cose.
Di qui lo slittamento progressivo verso chiusure in piccoli (o grandi) gruppi omogenei, totalmente coesi, che avvertono l'esterno come minaccioso, in una parola nemico, da cui guardarsi, e se è possibile, eliminare.
La guerra, che punta all'annientamento dell'avversario, invece del sano conflitto, che non vuole distruggere, ma accordarsi.
Sarà un caso che l'accusa di incoerenza è una delle più frequenti nei confronti delle donne, mentre la coerenza è la qualità degli uomini duri e tutti di un pezzo?

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